La sostituzione articolare del ginocchio è uno degli interventi ortopedici più eseguiti nel mondo. Il suo grande successo ha rivoluzionato il trattamento della gonartrosi negli stadi avanzati. I registri statunitensi riportano un numero di procedure annuali superiore a 700.000. Le proiezioni future prevedono un aumento della domanda del 673% entro il 2030.
La protesizzazione del ginocchio viene comunemente eseguita in soggetti anziani ma, come per la sostituzione articolare dell’anca, gli avanzamenti nella tecnologia dei materiali, nei design protesici e nelle tecniche chirurgiche hanno permesso di estenderne l’indicazione anche a soggetti più giovani.
L’indicazione principale all’esecuzione di una protesi di ginocchio è l’artrosi, primaria o post-traumatica, non responsiva ai trattamenti conservativi.
Lo scopo dell’impianto protesico è il recupero dell’autonomia funzionale del paziente e, nei pazienti più motivati, la possibilità di tornare ad eseguire attività fisica a bassa-moderata intensità.
La sopravvivenza delle protesi di ginocchio è progressivamente aumentata e oggi raggiunge in molti casi i 20-25 anni.
Indicazioni e selezione del paziente
L’indicazione primaria all’esecuzione di una protesi di ginocchio è il dolore, generalmente legato ad una degenerazione articolare avanzata. Il dolore non responsivo ai trattamenti conservativi può avere un notevole impatto sulla qualità di vita del paziente, limitando in maniera significativa la sua autonomia funzionale. Il recupero di questa autonomia è l’obiettivo della sostituzione articolare.
L’impianto protesico è indicato in caso di artrosi primaria o post-traumatica, in alcuni casi di artrite infiammatoria e in caso di necrosi avascolare dei condili femorali. Anche la correzione delle gravi deformità associate ad un importante consumo articolare costituisce una possibile indicazione per questo intervento.
La selezione del paziente deve basarsi su un’attenta anamnesi, sull’esame clinico e su un accurato studio radiologico. L’anamnesi deve prendere in considerazione in primo luogo l’intensità e la durata della sintomatologia. Quantificare l’impatto che tale sintomatologia ha sulla qualità di vita del paziente è di fondamentale importanza per stabilire il corretto iter terapeutico. L’eventuale fallimento di precedenti trattamenti è un ulteriore aspetto da indagare. Il paziente candidato alla sostituzione articolare di ginocchio ha di solito alle spalle una storia di terapie conservative (analgesici e antinfiammatori, infiltrazioni intrarticolari, fisioterapia, terapie fisiche) che, seppur efficaci nelle fasi iniziali, hanno progressivamente perso il loro beneficio.
A volte il dolore compare in modo improvviso e lancinante. Questo deve fare porre il sospetto di una necrosi avascolare (infarto osseo). La presenza di sintomatologia a carico dell’articolazione femoro-rotulea (dolore anteriore di ginocchio, dolore nel percorrere le scale in discesa) suggerisce la necessità di una protesizzazione anche della rotula. Altro aspetto da indagare è la presenza di traumi, come fratture articolari e peri-articolari, lesioni meniscali e legamentose, così come gli eventuali precedenti interventi sul ginocchio da operare (osteosintesi, meniscectomie, ricostruzioni legamentose).
Planning preoperatorio
Lo studio radiologico si basa principalmente sull’esecuzione delle radiografie, su cui è possibile individuare i classici segni dell’artrosi: restringimento della rima articolare, sclerosi subcondrale (ispessimento dell’osso al di sotto della cartilagine articolare), presenza di osteofiti (speroni ossei lungo i margini dell’articolazione) e geodi (cavità ossee). Devono necessariamente essere eseguite delle teleradiografie degli arti inferiori, in modo da determinare gli assi di carico del ginocchio da operare e prevedere come eseguire un’eventuale correzione. Le proiezioni laterali permettono di individuare la presenza di un’artrosi femoro-rotulea e di determinare lo slope tibiale (inclinazione del piatto tibiale), che ha una notevole influenza sulla cinematica del ginocchio. Personalmente richiedo sempre anche l’esecuzione di una particolare proiezione radiografica (proiezione di Rosemberg) che permette di valutare con più precisione l’entità del consumo articolare nei due compartimenti femoro-tibiali, proporzionale al grado di restringimento della rima articolare.
Tale studio radiologico può essere integrato dall’esecuzione di una Risonanza Magnetica, utile per evidenziare accuratamente l’entità della degenerazione cartilaginea e l’eventuale concomitanza di lesioni meniscali e/o legamentose. La Risonanza deve necessariamente essere eseguita in caso di sospetta osteonecrosi di un condilo femorale. L’osteonecrosi è particolarmente evidente in alcune sequenze, dove si manifesta come un’area di edema osseo (bianco su sfondo osseo nero) circondata da un orletto ben definito. Molto spesso, in caso di artrosi, è possibile evidenziare la presenza del solo edema osseo, espressione del sovraccarico subcondrale legato all’insufficienza anatomica e meccanica della cartilagine articolare.
Talvolta è necessario approfondire lo studio con una TC, specie in presenza di gravi deformità, in modo da determinare l’eventuale presenza di uno sbilanciamento osseo.
Classificazione delle protesi totali di ginocchio
Gli elementi comuni a tutte le protesi totali di ginocchio sono uno scudo femorale ed un piatto tibiale metallici che rivestono i capi articolari e un inserto tibiale in materiale plastico (polietilene) che ne permette il reciproco scorrimento. Le componenti protesiche vengono impiantate dopo avere asportato la cartilagine articolare danneggiata insieme alla minima quantità possibile di osso subcondrale. Nelle protesi totali è possibile sostituire la cartilagine usurata della rotula con un dischetto anch’esso in polietilene. Nella maggior parte dei casi le componenti protesiche vengono cementate in modo da garantirne una fissazione sicura ed immediata all’osso. Il cemento è una resina acrilica termoindurente e biocompatibile, realizzata in polimetilmetacrilato (PMMA). I vantaggi dell’utilizzo di cemento sono una tecnica chirurgica più semplice e la possibilità di uniformare eventuali discontinuità ossee legate alle resezioni chirurgiche.
Le protesi totali si classificano in:
- non vincolate
- con risparmio del legamento crociato posteriore (CR, Cruciate Retaining)
- con sacrificio del legamento crociato posteriore (PS, Postero-Stabilizzate)
- semi-vincolate (non incernierate, in inglese non hinge)
- vincolate (incernierate o hinge).
Le protesi non vincolate sono generalmente indicate negli impianti primari standard. La stabilità dell’impianto è assicurata dalla presenza dei legamenti collaterali, la cui tensione deve essere adeguatamente bilanciata durante l’intervento, e, per quanto riguarda la protesi CR, dalla presenza del legamento crociato posteriore. Le protesi con un maggior grado di vincolo, semi-vincolate o vincolate, vengono utilizzate quando non è possibile ottenere una stabilità articolare soddisfacente bilanciando la tensione dei legamenti collaterali, come in alcune deformità complesse, e nelle revisioni.
Rispettando il principio della mininvasività, ogni volta che posso impianto una protesi a risparmio del legamento crociato posteriore. In questo modo si conserva la funzione propriocettiva del legamento crociato posteriore, ossia la capacità di fornire al cervello informazioni sul movimento articolare. Ciò si traduce in una meccanica articolare più simile a quella fisiologica e, come conseguenza, nella percezione da parte del paziente di un ginocchio più simile a quello originario. L’obiettivo finale è “far dimenticare” al paziente di avere una protesi.
Riabilitazione post-operatoria
I cardini della riabilitazione post-operatoria nella protesica di ginocchio, analogamente alla protesica di anca, sono la mobilizzazione e il carico precoce. Il paziente è incoraggiato a muovere attivamente il ginocchio appena siano scomparsi gli effetti dell’anestesia. La fisioterapia viene iniziata il prima possibile, anche lo stesso giorno dell’intervento se le condizioni del paziente lo permettono. L’obiettivo è il recupero dell’escursione articolare completa, il recupero del tono muscolare degli arti inferiori e il ripristino di una deambulazione corretta, inizialmente con il supporto delle stampelle.
La rieducazione al cammino, e successivamente all’utilizzo delle scale, è determinante nel recupero dell’autonomia funzionale del paziente.
La degenza post-operatoria dura in genere 5-7 giorni. Se necessario, il ricovero può essere proseguito nel reparto di Medicina Riabilitativa. Una volta raggiunta una sufficiente autonomia nelle attività quotidiane (camminare per brevi tratti con due stampelle, vestirsi, provvedere all’igiene personale), il paziente deve essere dimesso. Successivamente il paziente viene incoraggiato a proseguire la riabilitazione mediante sessioni fisioterapiche ambulatoriali o domiciliari. Un precoce rientro al domicilio ha delle ripercussioni psicologiche molto positive con conseguente recupero funzionale più veloce.