L’osteoartrosi, o più semplicemente artrosi, è universalmente riconosciuta come un’importante causa di dolore articolare.
Si tratta di un disordine degenerativo e progressivo delle articolazioni caratterizzato dalla perdita graduale di cartilagine articolare, che nel lungo periodo porta alla deformazione dei capi ossei con riduzione dello spazio articolare e conseguente rigidità. Tutto ciò comporta una sempre maggiore limitazione della funzione.
Il dolore artrosico viene di solito presentato come un dolore meccanico, legato al carico ed al movimento dell’articolazione. L’artrosi è spesso associata allo sviluppo di fenomeni infiammatori, nella maggior parte dei casi caratterizzati da un improvviso aumento del dolore, che può diventare costante e indipendente dal movimento, e dalla presenza di versamento articolare.
La patologia osteoartrosica può essere suddivisa in primitiva, quando la causa dell’alterazione non è ben definita, e secondaria, quando alla base vi è una noxa patogena precisa (comunemente un evento traumatico).
Epidemiologia
L’osteoartrosi costituisce la patologia articolare più comune. L’OMS stima che globalmente il 25% degli adulti al di sopra dei 25 anni soffra di dolore e disabilità associati a questa malattia. La sua prevalenza aumenta con l’età ed è maggiore nel sesso femminile. Colpisce uno su tre individui al di sopra dei 65 anni. Attualmente si stima che il 20-30% della popolazione delle nazioni sviluppate sia affetto da artrosi. Questa prevalenza sta crescendo rapidamente a livello mondiale in relazione all’invecchiamento e all’aumento di fattori di rischio come l’obesità e i traumi articolari. Secondo stime recenti almeno 242 milioni di persone soffrono di artrosi sintomatica di anca o di ginocchio, due fra i distretti corporei più colpiti.
Cause
Quale sia il primum movens per lo sviluppo di artrosi è ancora oggi oggetto di studio.
La cartilagine articolare è un tessuto non direttamente vascolarizzato né innervato.
Gli strati cartilaginei profondi ricevono il nutrimento attraverso i vasi dell’osso subcondrale (l’osso al di sotto della cartilagine), mentre gli strati più superficiali sono nutriti dal liquido articolare (liquido sinoviale), prodotto dalla membrana sinoviale.
La degenerazione dell’articolazione potrebbe dunque essere legata ad una compromissione delle strutture che assicurano il nutrimento all’articolazione stessa.
Oggi sappiamo che nelle articolazioni artrosiche il liquido sinoviale è ridotto quantitativamente e qualitativamente e questa condizione potrebbe essere dovuta a un processo infiammatorio a carico della membrana sinoviale.
Per quanto riguarda l’osso subcondrale, frequente è il riscontro in Risonanza Magnetica di un reperto noto come edema osseo, espressione di un’alterazione del microcircolo a questo livello. L’edema osseo potrebbe “semplicemente” essere la conseguenza del sovraccarico dell’osso subcondrale privato del suo naturale rivestimento cartilagineo, a cui è deputato il compito della distribuzione dei carichi. Alla luce del suo ruolo metabolico, però, non è da escludere che sia un’alterazione primitiva dell’osso subcondrale a generare un consumo cartilagineo a partire dagli strati profondi e che la mancanza del rivestimento condrale provochi un sovraccarico in grado di compromettere ulteriormente il sottostante sistema microvascolare. Si instaurerebbe in questo modo un circolo vizioso capace di portare ad una degenerazione articolare in toto.
Tale teoria troverebbe fondamento considerando la rapida degenerazione articolare a carico dell’anca come conseguenza di una necrosi avascolare (infarto osseo) della testa del femore.
Un esempio simile può essere fatto per il ginocchio se si pensa alle conseguenze dell’osteonecrosi di un condilo femorale.
COXARTROSI
Con il termine coxartrosi si indica l’osteoartrosi a carico dell’anca.
Fattori di rischio
I fattori di rischio per coxartrosi possono essere suddivisi in articolari e generali, spesso collegati tra loro.
Con fattori di rischio articolari si intendono deformità di varia entità e origine a carico dell’articolazione dell’anca. I dismorfismi maggiori (es. displasia dell’anca) sono associati ad uno sviluppo precoce di artrosi, mentre quelli di minore entità (es. conflitto femoro-acetabolare) si associano ad una malattia ad insorgenza tardiva. Da non dimenticare il ruolo di pregresse fratture del femore e/o del bacino, la cui mal-consolidazione può alterare la forma dell’articolazione.
I fattori di rischio generali riguardano invece lo stato di salute del paziente, il suo stile di vita e la familiarità.
GENERALI
età avanzata
sesso femminile
sovrappeso e obesità
familiarità
basso livello di attività fisica
attività lavorativa pesante
dieta squilibrata
ARTICOLARI
displasia evolutiva dell’anca
epifisiolisi
malattia di Legg-Calvè-Perthes
conflitto femoro-acetabolare
necrosi avascolare della testa del femore
esiti di fratture del bacino e/o del femore
Patogenesi della coxartrosi
Lo stress biomeccanico patologico, frutto di fattori di rischio articolari e generali, porterebbe ad un disequilibrio fra sintesi e degrado tissutale, svolgendo un ruolo centrale nell’innescare e sostenere il processo degenerativo.
Diagnosi
La formulazione della diagnosi di coxartrosi passa necessariamente attraverso una prima fase di raccolta anamnestica ed esame clinico. Le metodiche di imaging servono a confermare la diagnosi e a monitore la progressione della patologia. Le radiografie tradizionali (bacino e assiale dell’anca) sono di fondamentale importanza. Lo studio radiografico permette di individuare i classici segni dell’artrosi: restringimento della rima articolare, sclerosi subcondrale (ispessimento dell’osso al di sotto della cartilagine articolare), presenza di osteofiti (speroni ossei lungo i margini dell’articolazione) e geodi (cavità ossee).
Nei casi di sospetta necrosi è utile anche la Risonanza Magnetica. Quando sia necessario studiare con maggiore dettaglio le deformità ossee, come nei casi di artrosi post-traumatica, può trovare applicazione la TAC.
GONARTROSI
Con il termine gonartrosi si indica l’osteoartrosi a carico del ginocchio.
L’articolazione del ginocchio può essere suddivisa in tre compartimenti: il compartimento femoro-tibiale interno (mediale), il femoro-tibiale esterno (laterale) e quello femoro-rotuleo. L’artrosi può interessare anche solo uno di questi compartimenti, anche se nei casi più avanzati la degenerazione tende a riguardare l’intera articolazione. L’esatta localizzazione del consumo articolare ha implicazioni terapeutiche molto importanti, specie nell’ambito della chirurgia protesica.
Fattori di rischio e patogenesi
I fattori di rischio generali per gonartrosi sono sovrapponibili a quelli discussi a proposito dell’artrosi dell’anca. Per quanto riguarda i fattori di rischio articolari, sono di fondamentale importanza le alterazioni sul piano frontale, vale a dire il varismo e il valgismo del ginocchio. Si tratta di malformazioni caratterizzate dal disallineamento del femore o della tibia. Nel varismo le ginocchia tendono ad essere maggiormente distanziate fra loro (un’asimmetria anche chiamata “ginocchia ad arco”). Nel valgismo le ginocchia tendono ad avvicinarsi verso l’interno, fino quasi a toccarsi (una condizione spesso conosciuta come “ginocchia a X”). Tali deformità possono essere congenite oppure legate a molteplici cause:
- lesioni legamentose;
- fratture mal consolidate;
- malattie ossee focali;
- rachitismo.
Il varismo si associa ad un prevalente consumo dell’articolazione sul versante interno. Al contrario il valgismo è associato ad un prevalente consumo del compartimento esterno. Lo stesso consumo articolare tende ad accentuare la deformità. Lo stress biomeccanico, dovuto ad un’alterata distribuzione dei carichi, comporta nel tempo una degenerazione dell’intera articolazione.
Diagnosi
L’anamnesi e l’esame clinico costituiscono la base per la diagnosi anche di gonartrosi. Le radiografie tradizionali, oltre ad evidenziare i segni tipici dell’artrosi (restringimento dello spazio articolare, sclerosi subcondrale, ostefitosi e geodi), servono a misurare l’entità degli eventuali disallineamenti. A questo proposito vengono utilizzate le radiografie in carico degli arti inferiori in toto (teleradiografie), dal bacino ai piedi. Per una più precisa valutazione della localizzazione del consumo articolare vengono utilizzate proiezioni radiografiche specifiche:
- la proiezione di Rosemberg permette di evidenziare l’eventuale prevalente consumo del compartimento femoro-tibiale mediale o laterale;
- le proiezioni assiali di rotula permettono la valutazione della posizione della rotula e del consumo del compartimento femoro-rotuleo.
Come per la coxartrosi, la Risonanza Magnetica può evidenziare la presenza di edema osseo o osteonecrosi, mentre la TAC offre un maggiore grado di dettaglio quando sia necessaria una valutazione più precisa delle deformità ossee.
TERAPIA DELL’OSTEOARTROSI
L’approccio terapeutico alla patologia artrosica può essere di tipo conservativo o chirurgico.
La strategia terapeutica deve basarsi principalmente sull’intensità dei sintomi, l’età al momento della diagnosi e le richieste funzionali del paziente.
Nell’ambito dei trattamenti conservativi, è importante la correzione del sovraccarico biomeccanico, attraverso il controllo del peso corporeo e il rinforzo muscolare (fisioterapia).
In presenza di un dolore articolare acuto di nuova insorgenza o nelle riacutizzazioni di un’artrosi conclamata, trovano applicazione i farmaci analgesici e antinfiammatori.
La terapia infiltrativa articolare costituisce un altro grande capitolo nell’ambito del trattamento dell’osteoartrosi. Le infiltrazioni di cortisonici sono efficaci nel ridurre la sintomatologia nelle fasi acute ma l’utilizzo deve essere limitato. L’infiltrazione con acido ialuronico intrarticolare ha una efficacia potenzialmente elevata, grazie alla sua duplice azione meccanica e biologica. Tale efficacia sembra tuttavia ridursi nelle fasi avanzate della patologia. Le infiltrazioni con PRP (Plasma Rich Platelets) si stanno sempre più configurando come una valida alternativa per il loro effetto antinfammatorio e la loro potenziale efficacia a lungo termine.
Nell’ambito delle stimolazioni fisiche si stanno distinguendo le onde d’urto focali extracorporee (ESWT, Extracorporeal Shock Wave Therapy).
L’approccio chirurgico protesico alla patologia dell’anca e del ginocchio deve essere intrapreso qualora quello conservativo abbia fallito o non sia indicato. Per maggiori informazioni vedi il capitolo dedicato (? rimando).