Come detto nella sezione sull’artrosi, la degenerazione articolare del ginocchio può riguardare uno solo dei tre compartimenti che lo compongono. In questo caso può essere utilizzata una protesi monocompatimentale, ossia un impianto che sostituisce solo il compartimento danneggiato permettendo di conservare l’anatomia naturale del resto del ginocchio.
I casi di gonartrosi monocompartimentale sono tipici dei soggetti più giovani (50-60 anni), in cui l’impianto di una protesi più piccola non solo riduce le dimensioni dell’intervento, con tutto ciò che ne consegue (incisione più piccola, intervento più veloce, minore perdita di sangue), ma consente di soddisfare meglio le più alte richieste funzionali di questi pazienti. Non è raro che dopo l’impianto di una protesi monocompartimentale si torni a praticare un buon livello di attività fisica, compresi alcuni sport a moderato impatto come il tennis o lo sci alpino.
I vantaggi di un intervento mininvasivo e di una ripresa più rapida, tuttavia, sono molto importanti anche nei soggetti meno giovani. Ridurre al minimo le complicanze, soprattutto in presenza di eventuali comorbidità, e facilitare il ritorno del paziente alle proprie abitudini di vita in piena autonomia è il compito di ogni chirurgo. Per queste ragioni ogni volta che posso indico questo tipo di trattamento chirurgico, anche se ciò non significa sempre eseguire un intervento tecnicamente più facile.
Indicazioni e selezione del paziente
L’impianto protesico monocompartimentale è indicato, come detto, nei casi in cui la degenerazione articolare colpisca solo una porzione del ginocchio. Può essere sostituito il compartimento femoro-tibiale mediale (interno) o quello laterale (esterno), oppure il compartimento femoro-rotuleo.
Le protesi monocompartimentali mediali sono quelle più frequentemente impiantate, mentre le protesi femoro-rotulee sono le più rare.
Le gonartrosi mediale e laterale sono rispettivamente associate alle deformità in varo e in valgo del ginocchio. Tali mal-allineamenti alterano la distribuzione dei carichi all’interno del ginocchio causando un maggior consumo del compartimento sovraccaricato, quello mediale nel ginocchio varo e quello laterale nel ginocchio valgo. Il consumo prevalente della cartilagine in una porzione del ginocchio può ulteriormente aggravare tali deformità. Anche l’artrosi femoro-rotulea può associarsi al varismo o, più frequentemente, al valgismo del ginocchio, anche se il meccanismo patogenetico non è così diretto (vedi sezione dedicata alla Patologia femoro-rotulea). L’impianto di una protesi monocompartimentale permette anche di correggere i mal-allineamenti degli arti inferiori.
L’esame clinico del paziente, però, deve valutare attentamente l’entità di questi mal-allineamenti, dato che deformità eccessive potrebbero imporre l’utilizzo di una protesi totale. Altro aspetto da controllare con attenzione è la stabilità del ginocchio. Le protesi monocompartimentali permettono di conservare tutti i legamenti del ginocchio ma per funzionare correttamente necessitano di un complesso legamentoso integro e competente. Infine, non è consigliabile impiantare una protesi monocompartimentale se la sintomatologia dolorosa è presente anche in altre porzioni del ginocchio. L’età avanzata e il sovrappeso non sono controindicazioni a questo tipo di intervento.
Riassumendo, l’impianto protesico monocompartimentale è indicato nei casi caratterizzati clinicamente da:
- sintomatologia dolorosa in un solo compartimento del ginocchio;
- deformità in varo o in valgo non eccessive;
- integrità e competenza di tutti i legamenti del ginocchio.
Planning preoperatorio
Per verificare l’indicazione e pianificare correttamente l’impianto di una protesi monocompartimentale sono fondamentali le radiografie convenzionali.
Personalmente non prescindo dall’esecuzione di una teleradiografia degli arti inferiori, in modo da poter misurare l’entità delle eventuali deformità in varo o in valgo, che non dovrebbero superare i 15 gradi. La proiezione di Rosemberg e la proiezione assiale di rotula permettono di verificare con precisione il coinvolgimento relativo di tutti i compartimenti del ginocchio. Nel caso sia necessario valutare con più dettaglio la gravità del consumo cartilagineo è meglio eseguire anche una Risonanza Magnetica. Quest’ultima è utile anche per risolvere eventuali dubbi clinici sull’integrità dei legamenti del ginocchio.
Design protesici
Il design delle protesi monocompartimentali ricalca essenzialmente quelle delle totali: uno scudo femorale ed un piatto tibiale metallici, e un inserto in polietilene. Esistono anche i cosiddetti piatti tibiali all-poly, in cui componente tibiale e inserto costituiscono un pezzo unico interamente in polietilene. Si tratta tuttavia di impianti poco diffusi, i cui outcome a lungo termine rimangono inferiori a quelli degli impianti tradizionali. Anche nel caso delle protesi monocompartimentali le componenti possono essere fissate all’osso con o senza utilizzo di cemento. L’opzione cementata rimane la più praticata.
Le protesi femoro-rotulee sono caratterizzate da una flangia metallica che serve a rivestire la troclea femorale, ossia la parte anteriore del ginocchio su cui scorre la rotula, e un disco di polietilene che viene cementato alla rotula al posto della cartilagine consumata.
Riabilitazione post-operatoria
La riabilitazione comincia il giorno stesso dell’intervento. Appena esaurito l’effetto dell’anestesia, il paziente è incoraggiato a muovere il ginocchio operato e, se possibile, viene subito aiutato a ricominciare a camminare con l’ausilio delle stampelle. Mobilizzazione precoce, carico immediato e rinforzo muscolare sono gli elementi che caratterizzano la fisioterapia dopo l’intervento. L’autonomia funzionale viene raggiunta rapidamente dopo questo intervento, tanto che di solito non è necessario un ricovero superiore ai 4-5 giorni. La fisioterapia può essere continuata a casa o per mezzo di sedute ambulatoriali. Il rapido rientro al domicilio è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di un veloce e pieno recupero.