L’artroplastica totale di anca (sostituzione articolare dell’anca mediante protesi) è uno degli interventi ortopedici più diffusi al mondo. In Italia si eseguono oltre 100.000 procedure all’anno.
In oltre il 70 % dei casi si tratta di procedure per artrosi, ma la protesi d’anca è efficace anche nel trattamento delle sequele post-traumatiche (nello specifico fratture acetabolari o del femore prossimale).
Indicazioni
Le indicazioni per l’artroplastica di anca sono il dolore debilitante che influisce significativamente sulla qualità di vita, e il fallimento dei trattamenti conservativi.
Anche la camminata zoppicante (zoppia) e le differenze di lunghezza degli arti inferiori (eterometria), responsabili di una notevole limitazione funzionale, sono considerate indicazioni all’intervento chirurgico.
Quando intervenire?
Il momento giusto per eseguire una sostituzione articolare è attualmente oggetto di dibattito. Le difficoltà nel trattare le importanti deformità causate da un’artrosi inveterata, e la possibilità di eseguire l’intervento con tecniche sempre meno invasive, hanno allargato l’indicazione chirurgica. Eseguire più precocemente un intervento di questo tipo vuol dire aumentare la probabilità di restituire al paziente un’elevata qualità di vita con la possibilità, specie per i più giovani, di riprendere un buon livello di attività fisica.
Le vecchie perplessità erano legate da una parte alla non sicura longevità dei materiali impiantati, dall’altra alla lentezza del recupero post-operatorio.
L’impiego di materiali sempre più duraturi nel tempo e design protesici innovativi, hanno permesso di limitare molto le dimensioni del primo problema.
Per quanto riguarda la riabilitazione post-operatoria, la possibilità di un recupero più precoce rappresenta il principale vantaggio dell’utilizzo dei nuovi approcci mininvasivi.
Protesica mininvasiva
La protesica d’anca mininvasiva viene spesso immaginata come il semplice impiego di piccole incisioni cutanee. In realtà si tratta di molto di più: vuol dire utilizzare una tecnica chirurgica più risparmiosa in toto, con una limitata dissezione dei tessuti molli e una ridotta asportazione di osso.
Gli approcci attualmente utilizzati sono varianti dei tradizionali approcci anteriore, laterale diretto e postero-laterale. Ad oggi nessuna tecnica si è dimostrata superiore. L’utilizzo dell’una o dell’altra dipende in gran parte dalle preferenze del chirurgo.
Il chirurgo deve superare le difficoltà di visualizzazione derivanti da una piccola incisione: una conoscenza dettagliata dell’anatomia è fondamentale in ogni intervento, ma nella chirurgia mininvasiva riveste un’importanza ancora maggiore.
L’anca, formata da una sfera (la testa femorale) che si inserisce all’interno di una cavità emisferica (l’acetabolo), è un’articolazione molto mobile e per questo intrinsecamente poco stabile. La capsula articolare, i legamenti e le strutture mio-tendinee circostanti sono responsabili della stabilità articolare in condizioni statiche e dinamiche. L’attento rispetto di queste strutture è alla base della chirurgia mininvasiva dell’anca.
Componenti protesiche
L’elemento comune a tutti i design protesici è il meccanismo “ball and socket”: la superficie articolare dell’acetabolo e la testa femorale, con parte del collo, vengono rimosse per essere sostituite da componenti artificiali in grado di ricreare un’articolazione a giunto sferico.
Gli elementi principali di una protesi d’anca sono lo stelo femorale, la testa femorale e la coppa acetabolare con il suo inserto.
Stelo femorale e coppa acetabolare possono essere fissati all’osso mediante uso di cemento o utilizzando la metodica “press-fit”, senza cemento.
L‘inserto acetabolare e la testa femorale costituiscono le superfici articolari. L’accoppiamento più frequentemente utilizzato in Europa è fra il polietilene dell’inserto acetabolare e la ceramica della testa femorale.
Il successo di una protesi totale dell’anca si basa essenzialmente sul ripristino di un’articolazione stabile, fissata saldamente all’osso e con un basso attrito interno.
Planning preoperatorio
Vista la limitata esposizione chirurgica, la pianificazione preoperatoria deve essere accurata, al fine di anticipare eventuali difficoltà che potrebbero presentarsi durante l’intervento e stabilirne gli obiettivi.
Esistono software per il planning radiografico che permettono, fra le altre cose, di predeterminare le dimensioni degli impianti e il livello dell’osteotomia cervicale (ossia l’altezza a cui deve essere tagliato il collo del femore).
Un’osteotomia cervicale eseguita all’altezza corretta permette di correggere eventuali differenze di lunghezza degli arti inferiori.
Fig.1. A destra, radiografia di bacino preoperatoria che mostra una grave artrosi dell’anca destra; a sinistra, radiografia di bacino postoperatoria dello stesso paziente dopo l’impianto della protesi totale di anca.
Riabilitazione post-operatoria
La riabilitazione postoperatoria è della massima importanza dopo la sostituzione totale dell’anca, al fine di garantire una funzionalità indolore dell’articolazione e migliorare la qualità della vita del paziente.
L’evoluzione mininvasiva della protesica d’anca non ha cambiato sostanzialmente il protocollo riabilitativo ma ha velocizzato il raggiungimento degli obiettivi. Una sufficiente autonomia nelle attività quotidiane fondamentali (camminare in piano, salire una rampa di scale, vestirsi/svestirsi, provvedere alla propria igiene personale) viene spesso raggiunta nell’arco di una settimana, permettendo una dimissione precoce.
Una delle richieste del giovane paziente attivo è quella di tornare ad eseguire attività fisica dopo l’impianto protesico. Tale obiettivo viene raggiunto sempre più efficacemente grazie alla chirurgia mininvasiva, in particolare per quanto riguarda l’attività fisica a moderata intensità (nuoto, ciclismo, hiking), in tempi variabili da uno a sei-otto mesi.